Autore: di Snafu
Feed consuma il web. Un gioco sul termine tecnico "data feed" (alimentazione di dati), FEED non fornisce informazioni, ma le consuma, riducendo struttura, significato e contenuto a un flusso di testo e pixels. Un anti-browser, FEED disarticola il Web.
Ma andiamo per ordine. Chi è Mark Napier innanzitutto. Un passato da pittore e un presente da programmatore felicemente sposato, Napier vive da molti anni nella Lower East Side, lo storico quartiere di Manhattan che diede i natali al punk. La transizione dalla pittura all'uso creativo della programmazione non è però semplice, né indolore.
La transizione dalla pittura all'uso creativo della programmazione non è
però semplice, né indolore. E' il 1987 quando Napier inizia a dipingere diversi
ritratti di Barbie, rielaborando uno di quei simboli in cui si condensa l’inconscio
collettivo della nazione americana. Un esercizio da cui nascono Barbie possedute,
anemiche, brutte e grasse, con gli occhi a palla o estremamente languidi, in
versione Kate Moss, Bjork o X-files. La storia non finisce qui tuttavia. Napier, come dicevamo, vuole sfidare i
recinti simbolici del Web, quelli che la Mattel ed altre corporations innalzano
attorno ai siti protetti da copyright. Riot
(Rivolta), il secondo browser dell'artista, trae il suo nome dagli incidenti
che si scatenarono attorno a Tompkins Square, nella Lower East Side. Era il
1988 e squatters e punk si scontravano con la polizia contro la recinzione e
la chiusura notturna del parco. Gli agenti immobiliari premevano infatti sulle
autorità cittadine perché la piazza fosse "ripulita". Dall’altro lato gli
squatters difendevano un territorio che consideravano a tutti gli effetti casa
loro. "Riot - racconta Napier – è la metafora di un conflitto territoriale.
Il browser prende due territori del web e li sovrappone violentemente, per creare
un collage random. Se Shredder faceva a pezzi una sola pagina web, un solo sito,
Riot rompe i limiti territoriali del web”. Servendosi di un semplice applet di Java, Napier dimostra che è possibile
appropriarsi non solo dei contenuti del web, ma anche del browser, cioè di
strumenti rigidi, apparentemente immodificabili. Questo intento demistificante
emerge anche da altri progetti dell’artista. Tra questi citeremo Digital
Landfill, ©BOT, e P-Soup. Il primo è una grande discarica in cui è possibile
gettare files di testo o immmagini che consideriamo ormai superflui, inutili.
Il Landfill ricompone randomicamente questi files offrendoci la sensazione di
un paesaggio in continua mutazione, proprio come in una discarica reale.
Data: 30/03/2001
Titolo paragrafo: Consumare il Web
E sono tre. Dopo Shredder e Riot, Mark Napier regala alla rete il terzo anti-browser. Commissionato all'artista dal San Francisco MOMA, per la mostra-evento 010101, FEED trasforma l'interfaccia di navigazione in una tavolozza. Basta selezionare una URL, e lo schermo prende vita: nove riquadri, ognuno dei quali ci mostra un aspetto della pagina prescelta. Non informazioni da leggere o scaricare, ma una serie di funzioni collegate principalmente alle proprietà del colore: lo spettro del blu, del verde e del rosso di un sito, i colori fondamentali contenuti in un pixel, il pixel stesso rappresentato come una griglia, una linea di testo che scorre veloce.
Titolo paragrafo: Le Barbie deformi
Abbandonata la pittura, intorno al ’95, Napier crea un sito, in cui appaiono
le diverse versioni alterate della bambola. Nell’ottobre del ’97 però,
un avvocato della Mattel stana le Distorted
Barbies e invia una lettera che minaccia ritorsioni legali per violazione
di copyright. L'artista è così costretto ad abbandonare il progetto, finalizzato
alla trasformazione "in un'opera collettiva", di uno dei "simboli religiosi
del nostro tempo".
La causa della Mattel lascia dei segni. L'artista inizia così a progettare
un marchingegno che sfidi l'autorità delle multinazionali online. Da questa
ricerca nasce lo Shredder
(o Spappolatore), un applicativo in Java che altera il codice Html, prima che
Explorer o Netscape lo leggano correttamente. Basta infatti collegarsi a Potatoland,
il sito dell'artista e selezionare da qui una Url, per vedere ricombinati l'aspetto
"supeficiale" delle pagine web con il sorgente HTML.
Da nascosto, il file HTML diviene dunque palese, si fa segno grafico e metatestuale,
elemento di costruzione autonomo. Testi, immagini e animazioni perdono così
le loro finalità informative per astrarsi su un piano puramente formale ed
estetico.
Titolo paragrafo: Cadono i recinti del Web
Il browser infatti, non solo permette di sovrapporre tre Urls nella stessa pagina,
ma anche di visualizzare quelle selezionate dagli altri utenti che lo stanno
utilizzando. Riot è dunque il primo browser multiutente, che trasforma la navigazione
in un’esperienza collettiva. L'attribuzione individuale del senso viene così
continuamente sfidata e ridefinita, grazie a una sorta di macchina generatrice
d’ironia. Un software che possiamo utilizzare per realizzare le associazioni
più improbabili: basta infatti sovrapporre un sito di contenuto pornografico
con uno religioso, militare o politico per ottenere risultati assolutamente
esilaranti.
Titolo paragrafo: La pattumiera virtuale
©BOT, il cui nome
sta per Copyright Robots, è un software grafico che permette di comporre uno
o più pupazzi a partire da particolari di immagini estratte da pubblicità,
etichette di prodotti, simboli pop. Parti di corpi umani o animali, riconducibili
a noti cartoons o icone del mondo dello spettacolo, vengono ricombinati per
dar vita ai collage più fantasiosi. Ne nasce un’ampia galleria sul web, in
cui è possibile pubblicare il proprio Bot ma anche di votare o modificare quelli
composti da altri.
L’ultimo progetto di Napier che ricordiamo è una chat grafica. P-Soup
si presenta come una specie di mandala elettronico. Basta scegliere dalla barra
degli strumenti un quadrato un cerchio o un filo, per generare forme, suoni
e colori astratti. Se nello stesso momento si ha la fortuna di incontrare qualcuno
collegato a P-Soup, si può giocare componendo insieme geometrie e colori. Il
senso della conversazione rimane tutto da scoprire, ma comunicare disegnando
è il modo migliore per stimolare altre parti del cervello, rispetto alla comunicazione
puramente testuale.